19 Marzo 2015 - IM*Talks

Ci sono papà... e poi ci sono i papà digitali

Sempre più spesso si sente parlare di “nativi digitali”, cioè di coloro che fin dalla nascita sono stati educati all’uso delle tecnologie di terza generazione. In occasione della festa del papà, ci siamo interrogati sul rapporto fra padre e figlio nell’era del digital, in cui tablet e smartphone hanno preso il posto di bambole e macchinine: abbiamo chiesto ai nostri giovani papà in agenzia di raccontarci il loro punto di vista.

Cosa vuol dire essere padri oggi, di questa generazione che nasce in un mondo digitalizzato fatto di codici, immagini, video, pixel, filtri, social, ecc.?

Spunti, stimoli, opportunità, occasioni in più” è la risposta spontanea e positiva di Pillo, che poi aggiunge: “Ho la fortuna di avere figli che parlano inglese con la madre e che preferiscono ‘switchare’ la lingua in ‘Inglese’ quando hanno l’occasione di vedere i cartoni. Se penso a me e ai miei patetici tentativi durante l’adolescenza di imparare l’inglese con le musicassette (forse dovremmo spiegare cosa sono!!) di ‘Speak Up’, be’, sorrido”.

Per Daniele, invece, “Abbiamo l’illusione che tutto sia cambiato ma non è così: mio nonno non capiva i dischi di Chet Baker che mio papà collezionava e io non capirò le diavolerie che mia figlia porterà a casa. Per fortuna si è padri allo stesso modo dei nostri padri e dei loro padri”.

In ogni caso il papà, a prescindere dal momento storico, dalla tecnologia e dall’uso che se ne fa, ha sempre e comunque il dovere di insegnare e tramandare le tradizioni. Nel timore che si perda un po’ il contatto con la realtà, ad esempio, Nunzioparlando a nome della generazione precedente dice: “Abbiamo il dovere di impegnarci affinché il contatto ‘analogico’ con il mondo non venga smarrito. Il tatto, l’olfatto e il gusto vanno difesi e coltivati più che in passato”.

La pensa così anche Antonio per cui oggi essere padre “vuol dire levare telecomandi, joystick cordless, cellulari, lettori mp3, dai loro letti mentre dormono, cercando di aiutarli a gestire il loro rapporto con i media anche se, più che gestire, si possono solamente limitare i danni di un irreversibile cambiamento epocale”.

Un papà che di mestiere fa il programmatore e che quindi ogni giorno si confronta con il mondo digitale, può essere agevolato nella comprensione del cambiamento generazionale? 

Secondo Daniele no, il mondo cambia troppo velocemente per riuscire a trarne vantaggio nel breve termine: “Il mio lavoro può aiutarmi a capire come funziona adesso, ma tra due mesi rimetteremo tutto in discussione. Credo che i maggiori benefici dell’era digitale li abbiano quelli che fruiscono delle tecnologie senza capirle davvero, noi ci arrovelliamo giornalmente su temi tecnici che saranno obsoleti in poche settimane”.

Pareri contrastanti sulla presenza o meno del divario digitale...

Per Vincenzo, il divario digitale è un ostacolo in parte superato, dato che “Ormai siamo tutti nel mondo digitale e la vera differenza si avvertiva fra analogico (i miei genitori) e digitale (io e i miei figli)”. Non la pensa così Daniele per cui “Il divario digitale lo si percepisce anche qui in agenzia, la maniera in cui noi vecchi viviamo ciò che facciamo è profondamente diversa da come la vivono i colleghi più giovani. Bastano 10 anni per cambiare tutto, figuriamoci una generazione”.

papà digitali

La pensano più o meno tutti allo stesso modo quando la domanda è:

Consigliereste ai vostri figli di seguire la vostra strada e fare il vostro lavoro?

Pillo: Risposta fin troppo facile, sincera ma accademica. Consiglierò loro di seguire le loro di tracce. Non le mie.

Antonio: L’unico consiglio che do loro è e sarà quello di inseguire le proprie passioni, come ha fatto il papà.

Vincenzo: A me il mio lavoro piace. L’ideale sarebbe se potessero seguire le loro passioni… Sembra una frase fatta me se nella vita fai qualcosa per passione è tutto più facile.

Daniele: No, spero che mia figlia farà un lavoro che io non capirò, altrimenti non saremo andati avanti.

Nunzio: No. Mi piacerebbe un’attività che abbia un legame diretto con l’individuo!

Affascinante quanto impervio, il mondo digitale offre tante opportunità e nasconde qualche insidia. Il tema della consapevolezza e della prudenza sembra essere quello che preoccupa un po’ tutti.

Pensando ai figli, cosa piace e cosa spaventa di questa nuova realtà?

Vincenzo: “Mi spaventa l’eventuale assenza di controllo sui miei figli perché il mondo digitale come tutte le cose ha una doppia faccia: se sei una persona ‘formata’ sai discernere ciò che è buono da ciò che non lo è e finché sei ‘piccolo’ questa capacità in genere non ce l’hai. Dall’altro lato, se sai come prenderli, internet e il mondo digitale portano dei vantaggi innegabili”.

Pillo: “L’unica cosa che mi fa paura è la non consapevolezza del potere di questi media e la relativa sottovalutazione di un comportamento. Oggi siamo tutti sotto un grande occhio che può mostrarci potenzialmente a tutti. Cosa impossibile fino a pochissimi anni fa.

Antonio: “In questo mondo esistono nuovi modelli di relazione, contatto, condivisione, amicizia, collaborazione, insomma molte opportunità che posso però nascondere enormi rischi, per questo è necessario che siano informati e pienamente consapevoli”.

Davide: “Il mondo social è un mondo che terrorizza un po’ tutti… ma se usato nel giusto modo è un mondo totalmente innocuo. Sicuramente insegnerò fin da subito ai miei figli cosa fare nel modo giusto e da chi stare alla larga!”.

Ma dato che nel mondo digitale noi viviamo e ci lavoriamo anche, per essere “social” quanto basta abbiamo chiesto di…

Scrivete in un "Tweet" cosa significa essere padre

Vincenzo: Gioia e preoccupazione immense!

Nunzio: Felicità, commozione, incredulità. Questo è quel che provo quando la vedo!

Pillo: Dare un senso a tutto. Mettere a posto il mondo.

Daniele: Esserci sempre, mai visto.

Davide: Se un giorno riuscirò ad essere per i miei figli almeno la metà di quello che mio padre è per me allora AVRO’ VINTO!

Antonio: Un tweet non basta!

 

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